“Ti sopravvivo”

Solo il sogno rende reale ciò che ormai non esiste più.

Ma poi arriva il risveglio.

Sempre.

‘Ti sopravvivo” racconta il dolore devastante che sconvolge la vita quando la morte ci tocca troppo da vicino.

È il vuoto.

È la storia della mia famiglia, la mia storia.

È l’assenza di Diego, morto a 23 anni.

Scatti realizzati in casa o al cimitero, foto piccole che parlano sottovoce, per pudore, o perché parlare di morte è sempre difficile.

Nella nostra cultura la morte è quasi un tabù, e allora succede che si rimane soli a cercare risposte che non ci sono.

Tutto viene scardinato dalle fondamenta: le abitudini, le amicizie, la tua stessa vita.

Il nostro tempo si ferma al momento della perdita e vediamo invece con stupore il tempo degli altri scorrere davanti ai nostri occhi: tutti continuano a fare la vita di sempre, le cose di sempre.

Con stupore guardiamo anche la nostra vita andare avanti, come se ne fossimo al di fuori, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.

Gli oggetti che ci circondano non sono più banale quotidianità, ma ingombranti presenze che testimoniano quell’assenza.

Diego ora è una foto, un libro, una musica, una stanza vuota, un biglietto di buon compleanno.

Dobbiamo imparare a sopravvivere, riprogrammare tutto dall’inizio, trovare nuovi stimoli e motivazioni.

Ma è davvero difficile: noi abbiamo bisogno di fisicità, di vedere, di toccare i nostri cari.

Ci vuole tempo, tanto tempo.

Io ho incontrato la fotografia, e oggi questa condivisione è la mia resilienza.