“Ri-Genero”

Andare sotto-pelle, là dove la natura “interna” affiora e diviene una presenza che veicola le tracce di un percorso profondo, attraversato da ferite e sogni di cambiamento, da stati emotivi e desideri.  Le opere di Giovanna Magri non si possono definire davvero ritratti, perché non nascono da uno sguardo che si limita a immortalare e a interpretare dei volti dall’esterno.

Per definire le sue immagini ci si trova costretti a coniare il termine di “autoritratti-ritratti”, in quanto frutto di un percorso relazionale e compartecipato, di un’amicizia tra donne dove l’autrice sa farsi da parte per accogliere e dare visibilità al sentire intimo di chi le ha narrato la sua storia e sta compiendo un percorso di crescita interiore. Quando l’autrice è entrata, anni fa, nella sezione femminile del carcere di Montorio (Verona), ha incontrato donne che – grazie al percorso di crescita personale già avviato dall’associazione MicroCosmo onlus – stavano portando avanti un processo di autoconsapevolezza e un viaggio verso la profondità del proprio essere.

Giovanna Magri, anziché voler fissare in un attimo rapace e fuggente i loro volti, ha accompagnato le sue nuove compagne nei loro viaggi di ri-generazione. Li ha sostenuti e li ha accolti, li ha fatti crescere e li ha resi visibili usando un lento banco ottico (con pellicole polaroid) che le ha permesso di costruire le immagini assieme alle detenute, di fondere e amalgamare uno scatto sopra l’altro, nel tempo e nel dialogo. Il risultato sono immagini metaforiche, sospese in un tempo ambiguo, come quello dei ricordi, delle esperienze che si sedimentano nella coscienza.  Evocative e oscure tali fotografie sono simili a una pelle porosa, capace di assorbire storie ed emozioni nascoste, misteriose, così com’è misteriosa la nostra stessa psiche.

Una donna cela il suo volto dietro una bussola disegnata; un’altra sorregge sul ventre la sua stessa testa come a voler indicare una nuova nascita di sé, il suo bisogno di accudirsi e di ri-generarsi. Ma, d’altra parte, non dobbiamo noi tutte imparare a trovare la “nostra” direzione, a rispettarci, a prenderci cura di noi stesse?

Le opere di Giovanna Magri ci raccontano le donne che ha incontrato, ma al contempo ci parlano di noi e della nostra possibilità di cambiare nel tempo, di come sia importante ascoltarsi ed essere ascoltati per iniziare ad andare avanti da soli. Ci rivelano come la fotografia possa andare oltre la somiglianza e la documentazione, oltre la pelle e le maschere che ognuno di noi mostra agli altri per sostenere la sua parte con se stesso e nella società.  Ma tutto ciò solo se la fotografia si trova guidata, sorretta da uno sguardo e da un sentire empatico, consapevole che l’identità non è una ma molteplice, che non è data una volta per tutte ma si costruisce tra incontri, narrazioni, memorie, possibilità, sogni… Ed è appunto in questo cammino che ci accompagnano le immagini di Giovanna Magri.

Gigliola Foschi

Si ringrazia per l’aiuto e la disponibiltà l’associazione MicroCosmo onlus di Verona e in particolar modo Erica Benedetti, Dannia Pavan e Paola Tacchella.