“Sick Sad Blue”

Premio speciale della giuria “Call for Entry” 2018

19-08-2015

“Ricoverata per la quinta volta presso il centro per il trattamento dei disordini alimentari,

non vedo la fine di tutto questo, forse sono innamorata dell’idea di essere fragile, un essere da proteggere, da trattare con cura.

Amo le mia ossa sporgenti, che quasi mi tagliano la pelle”

Chiara.

In Italia più di 3 milioni di adolescenti soffrono di disordini alimentari. Ogni anno il 6.2% di loro muore. Chiara (clairenough sui social media) soffre di anoressia. La malattia ti abbraccia direttamente dall’inconscio; matura un virus emotivo che dovrai affrontare per tutta la vita. Una voce che sopravvive e piega il corpo. Pelle come soglia, come una linea che separa l’esterno dall’interno. Non sarai più in grado di credere in te stesso. Hai perso ogni energia fondamentale, tutti i sentimenti che ti fanno sentire vivo vengono spazzati via.

Lo sguardo di Chiara era perso in pensieri oscuri, chiuso in una solitudine che sembrava irraggiungibile. I miei scatti di moda ci hanno avvicinato. Chiara li ha trovati belli e sentiva che poteva fidarsi di me, che l’avrei aiutata a proteggersi, che l’avrei sempre trattata con affetto e rispetto. Il legame tra di noi si sviluppò e crebbe attorno ai reparti psichiatrici, ai centri per il trattamento dei disordini alimentari e nei brevi ritorni a casa; da stanze sconosciute a finestre con barre di sicurezza, guardando cieli distanti. Le ho mandato lettere, immagini di cieli aperti e di mari blu profondi.

Fu allora che decisi che la nostra esperienza condivisa non sarebbe stata relegata a una documentazione: raccogliendo pensieri visivi in un diario tangibile, ho scoperto un modo per avere un’interazione con Chiara, per costruire una conversazione non fatta di parole, ma basata su sentimenti e immagini. Sarebbe stato il mio miglior regalo per lei.

Chiara è uno dei tanti Millenials su Instagram. Il 53% degli utenti. Chiara era solita cambiare la descrizione del suo account ogni due mesi. I selfie di Clairenough erano pieni di fiori; li postava instancabilmente sulla sua pagina, in un continuo bisogno di attenzione; rafforzata dal luogo dove l’anoressia ti porta costantemente. Sei “affamata” dalle opinioni degli altri. “My shoes first, then I” scrisse in un mare infinito di immagini, scaricate da internet o scattate a se stessa, in un gioco ambiguo e perturbante, tra seduzione e braccia incrociate, segnate da flebo e cerotti.

Le immagini di Chiara apparivano come lei voleva vedere se stessa. Chiara ha consegnato la sua fragilità e la sua bellezza allo schermo del telefonino; tra fiori sbocciati e appassiti, unghie nere e capelli verde e blu, spuntano occhi perfettamente truccati. Il suo corpo non sembrava le appartenesse più: era una specie di manichino, il modo in cui Chiara si alienava offrendo una grande visibilità, nell’incertezza di una semi-vita. Si trovò intrappolata da una condizione generazionale: il suo costante desiderio di essere diversa fece sì che Chiara guardasse sempre ai falsi archetipi della bellezza femminile; lei stava solo chiedendo un po’ di attenzione.

Un corpo morente era ciò che trovò.

Lì capì come era davvero Chiara, no Clairenough. Sick Sad Blue non è solo un rapporto di accettazione e di fiducia che si sviluppa tra lettere con cuoricini, incontri, saluti, abbracci e molte fotografie scattate, spedite usando il telefonino, postate e condivise su FaceBook e Instagram. Vuole essere un diario di guarigione di una persona che è diventata un’amica intima. È la nostra storia.