“L’eco di Aloysius”

L’idea di questo lavoro nasce dalla riflessione su una frase di mia madre, affetta da morbo di Alzheimer (Aloysius era il nome di battesimo di Alzheimer), relativa alla percezione di se stessa in un punto della stanza nel quale continuava a sostenere di essere presente nonostante non vi si trovasse più da diversi minuti. Un blackout temporale, la certezza di trovarsi in una porzione di spazio lontana ma percepita come il luogo in cui ci si trova in quell’attimo stesso. Un continuum spazio/temporale in cui l’essere si avverte amplificato, sempre presente ovunque, o semplicemente frammentato nella percezione del proprio corpo e della propria mente. Una delle manifestazioni più sconvolgenti della malattia: la percezione alterata del tempo per cui “prima”, “adesso” e “dopo” risultano un unicum indistinto o comunque molto faticosi da riconoscere nella loro scansione. Una vita vissuta in un limbo, relegata in un tempo confuso, alterato, causa di deformazioni della realtà. Un labirinto da cui è impossibile uscire e nel quale ogni giorno i moltiplicano tortuosi corridoi. È “l’eco di Aloysius”: un tempo indefinito in cui passati ricordi sempre più sfuocati e frammentati si sovrappongono ad un presente sempre più incerto.